Maria Brenton, direttrice del Cohousing Network inglese, è consulente specializzato per lo sviluppo di progetti di senior cohousing. Attualmente sta lavorando con un gruppo di donne anziane a Londra, Older Women’s Cohousing group, per la realizzazione di un cohousing al femminile. Fra le varie cariche che ricopre, Brenton è membro del consiglio amministrativo di Care Repair England, una delle più grandi organizzazioni indipendenti in Inghilterra che si occupano di migliorare le condizioni abitative e di vita delle persone anziane e disabili.
In Gran Bretagna esistono solo 14 comunità di cohousing, nessuna delle quali per anziani. Sono tuttavia in fase di costituzione 11 gruppi che intendono dare vita a cohousing “senior”.
Le istituzioni ed i servizi pubblici in Gran Bretagna tardano a riconoscere il valore sociale del cohousing come strumento per prevenire la solitudine e per ridurre i costi sociali (di cura e assistenza) che la solitudine porta con sé.
Nel suo intervento, Brenton illustra come le aspiranti cohousers di Older Women’s Cohousing group (OWCH) abbiano stabilito una veria e propria rete di solidarietà tra persone che vivono lontane tra loro, in attesa di abitare il cohousing che stanno progettando. Brenton racconta il persorso decennale di OWCH.
Si parla inoltre di retrofit, un termine che in questo contesto vuole rappresentare un’alternativa al cohousing, dove non ci si trasferisce in un’altra casa ma si impiegano i propri sforzi per creare una comunità nel posto in cui si vive.
Ingela Blomberg ha insegnato alla Stockholm University, dip. of Art History and in the Royal Institute of Technology; dal 1976 è parte del gruppo BIG – abbreviazione di Bo I gemenskap (Living in community) - che ha lanciato l’idea contemporanea di Cohousing.
Ingela Blomberg e Inga Alander hanno presentato alcune esperienze di cohousing, in particolare orientato verso persone non più giovani, realizzate in Svezia, dove l'idea del cohousing ha cominciato ad affermarsi dai primi anni '80, secondo una logica di risparmio di costi, di spazi, di servizi.
Il progetto Färdknäppen è sorto a Stoccolma negli anni '90, destinato a persone over 40 senza figli conviventi. Prevede cene comunitarie preparate a turno da gruppi di abitanti, gruppi di lavoro per le diverse attività da svolgere nello stabile, prassi di mutuo aiuto, momenti di socializzazione e di relax in compagnia. L'immobile è proprietà di una impresa di edilizia residenziale pubblica che lo affitta al gruppo di abitanti e, quando si libera un alloggio, è il gruppo che seleziona chi potrà andarvi ad abitare.
Il progetto Majbacken, invece, è sorto a Goteborg e ha caratteristiche simili a Färdknäppen ma diverse nei dettagli, perché ogni gruppo è libero di costruirsi il proprio modello di cohousing.
L’intervento si chiude con un accenno alla Danimarca in quanto i progetti di cohousing sono numerosi, per lo più localizzati in piccoli centri sparsi per il Paese, mentre pochi sono nella capitale Copenaghen. Il primo è stato realizzato nel 1978.
Chiara Casotti, laureata in estetica, è stata docente a contratto di History of Art e History of Interior Design presso l’Usac Consortium, Università degli Studi di Torino (1992-2003). Ha codiretto uno studio di architettura con Donatella Frè (1989-1999), dedicandosi in seguito a progetti di sviluppo di comunità, integrazione e partecipazione con le l’associazioni Casematte e Coabitare.
Carla Costanzi è una sociologa, docente presso la Facoltà di Sociologia dell'Università Cattolica di Milano, si interessa da anni delle varie tematiche che riguardano gli anziani, pubblicando saggi in tema di servizi e di sociologia sanitaria. È nel comitato scientifico di Abitare e Anziani, un’associazione nazionale nata nel 1998 con l'obiettivo di migliorare le condizioni abitative degli anziani, in risposta al consistente processo di invecchiamento della popolazione e alla costante crescita del numero degli anziani soli, soprattutto d’età avanzata.
Costanzi nel suo intervento analizza il rapporto tra domanda e offerta di soluzioni abitative dedicate agli anziani.
Esiste prima di tutto un problema di scarsa conoscenza della domanda. Le indagini sulle condizioni abitative degli anziani sono in genere insufficienti, incomplete, basate su campioni parziali, su dati poco strutturati e su modelli inadeguati.
Occorre poi definire cosa si intende per esigenza abitativa, andando oltre alla semplice domanda immobiliare e affrontando anche gli aspetti psicologici, sociali, sanitari, economici, di sicurezza. Inoltre, le esigenze abitative non si limitano all'ambiente interno all'alloggio, ma riguardano anche il condominio e, in senso più vasto, il territorio urbano.
E' importante considerare che queste esigenze si differenziano tra le diverse categorie di persone, mutano nel tempo per la singola persona e si evolvono anche storicamente, nel senso che le esigenze di un settantenne di vent'anni fa non sono le stesse di un suo coetaneo oggi.
Per quanto riguarda l'offerta di abitazioni per gli anziani, emerge la specificità tutta italiana di un patrimonio immobiliare con una elevata percentuale di case di proprietà, in gran parte in cattive condizioni, bisognose di manutenzione e sovradimensionate, vale a dire troppo grandi, per persone anziane che si ritrovano spesso sole. E' invece assolutamente insufficiente l'offerta di residenze in affitto.
Infine, il tema della risposta ai bisogni abitativi degli anziani viene affrontato in termini di servizi e infrastrutture offerti dal territorio urbano di prima prossimità, di azioni di informazione e sensibilizzazione rispetto a rischi e opportunità, ma anche di buone pratiche di vicinato che possono rappresentare dei percorsi di avvicinamento al cohousing.
Teresa Ferrari, referente, per il Comune di Borgotaro, de Le Case di Tiedoli. Membro dell’Associazione di promozione sociale La montagna vive, con sede a Tiedoli.
Tiedoli aveva 900 abitanti nel 1938, ne conta 75 oggi, di cui quasi i due terzi sopra i 65 anni di età: i giovani cercano altrove il lavoro, gli anziani l'assistenza e i servizi, e il territorio abbandonato va incontro a decadenza.
Grazie all'iniziativa dell’allora Assessore ai servizi sociali della Provincia di Parma Mario Tommasini, con la collaborazione degli amministratori locali, del locale circolo ACLI e dei cittadini, dal 2000 vengono ristrutturate “Le Case”, due edifici acquistati da Tiedolesi emigrati a Londra e donati alla comunità. Diventano residenze attrezzate per consentire agli anziani del paese un invecchiamento il più possibile autonomo e sereno.
I servizi di pulizia, socializzazione, ristorazione, lavanderia e supporto per le spese personali vengono forniti dalla Cooperativa Sociale Aurora Domus, mentre l'assistenza sanitaria viene svolta dal SSN con modalità modulate sulle esigenze specifiche.
Sono state installate soluzioni tecnologiche innovative di monitoraggio ambientale, è stato favorito l'invecchiamento attivo con progetti di coltivazione agricola, gli operatori hanno maturato competenze preziose e gli abitanti raccontano volentieri la loro esperienza nelle Case.
Questo progetto dimostra che è possibile invecchiare con dignità se, oltre che sui servizi e sulle tecnologie, si investe sui rapporti umani.
Jacopo Gresleri, architetto, ph.d, professore a contratto alla Facoltà di Architettura di Ferrara. Juror e visiting professor presso il New York Institute of Technology, ha partecipato a ricerche e conferenze internazionali quale studioso dei temi dell’abitare, in particolare di residenze per anziani e collaborative. Autore di articoli e pubblicazioni, è stato anche curatore scientifico della mostra e del convegno “Cohousing” per il Comune di Bologna.
Le residenze per anziani hanno generalmente un impianto tipologico comune: un ballatoio o corridoio distributivo su cui si affacciano i servizi di comunità (lavanderia, sala TV, eventuale infermeria ecc., gestiti da personale preposto) e gli ingressi alle camere o agli alloggi. Questo modello è applicato anche nelle realizzazioni più recenti.
Negli anni '80 del secolo scorso, la Comunità Europea ha elaborato linee guida innovative in questo campo, recepite in Italia nel 2001 in un pacchetto di quattro decreti ministeriali che disegna un quadro di interessanti indicazioni progettuali (soluzioni architettoniche e tecnologiche), urbanistiche (collocazione in aree urbane centrali) e sociali (multigenerazionalità, condivisione e manutenzione). Queste indicazioni conducono verso nuove ipotesi abitative in qualche modo ispirate ai cohousing, modalità questa che si presta particolarmente a soddisfare le esigenze residenziali degli anziani. Tuttavia, poiché la scelta di vivere in un cohousing è fondata su una reale volontà di partecipazione e condivisione da parte del futuro residente, questo modello non può essere assunto come unica soluzione impiegabile indiscriminatamente.
Analizzando diverse realizzazioni in Europa, Gresleri mostra la pluralità di cohousing esistenti, differenti sia per caratteristiche architettoniche (tre archetipi) che funzionali, ma introduce anche esempi di modelli abitativi meno noti e meno strutturati in cui la condivisione appare come un'opportunità di utilizzare spazi e servizi comuni senza prevedere alcun impegno da parte dei residenti (Baugruppe, Viviendas dotacionales, Habitat collectif).
L'intervento si conclude con una disamina dei cohousing italiani, in genere caratterizzati da residenti poco numerosi e socialmente eterogenei, alloggi molto ampi, una preponderanza di giovani coppie con figli rispetto a individui singoli o coppie di anziani, e da una grande attenzione alle attività sociali dettata quasi sempre da necessità e/o convenienza.
Giovanni Magnano, architetto, Direttore della Divisione Edilizia Residenziale Pubblica Città di Torino, responsabile della promozione di interventi dell’abitare solidale.
Giovanni Magnano è direttore della Direzione Edilizia Residenziale Pubblica del comune di Torino, ma, tiene a precisare, il nome giusto sarebbe Politiche Abitative e Sociali.
In una situazione di carenza di fondi per il Piano Casa regionale e, d’altra parte, in presenza di una eccedenza di alloggi censiti rispetto al numero delle famiglie, la città di Torino ha avviato forme di mediazione tra la domanda e l’offerta nel mercato residenziale privato: un'agenzia che fa incontrare proprietari e potenziali inquilini, un fondo rotativo per sostenere le famiglie oggetto di sfratto per morosità, l'accompagnamento all'accordo tra piccoli proprietari e inquilini per forme di affitto di parte dell'alloggio con condivisione dei servizi.
L’impegno dell’amministrazione comunale è di passare dalle case popolari (edilizia in uso quasi gratuito) all’abitare sociale, inteso come risposta complessiva ai nuovi bisogni abitativi in condizioni di fragilità e/o temporaneità: un modello intergenerazionale, comunitario, economicamente sostenibile.
Il Comune ha realizzato o favorito la nascita di Alberghi Sociali, forme di coabitazione solidale, Condomini Solidali, in collaborazione con altre istituzioni, servizi, associazioni, cooperative e con il Programma Housing Sociale della Compagnia di San Paolo.
Giovanna Spolti, sociologa, co-fondatrice di Seldon Ricerche, società di ricerca sociale e di mercato che svolge ricerca quantitativa e qualitativa per diversi soggetti pubblici e privati. Da tempo indaga le tematiche relative agli anziani e all’abitare (Condizioni di vita e degli aziani in provincia di Torino, 2010; Vulnerabilità, esclusione sociale e cultura della cittadinanza nell’edilizia popolare torinese, 2006).
La sociologa Giovanna Spolti presenta i risultati di un progetto di ricerca-azione condotto dalla Seldon Ricerche insieme all’Associazione Casematte con Cecilia Guiglia e Paola Sacco, promosso dai sindacati dei pensionati SPI, FNP e UILP Torino e dal Programma Housing della Compagnia di San Paolo. Il progetto è partito da una indagine sulle esigenze abitative degli anziani in due quartieri di Torino e nel comune di Settimo Torinese; per poi realizzare un percorso culturale ed educativo per ripensare il proprio abitare, accompagnando gli anziani partecipanti in un percorso di laboratorio e di immaginazione nel quartiere di Ivrea.
Dall’analisi svolta emerge il problema della sostenibilità economica dell’abitare, della difficoltà a cambiare residenza oppure ad adeguare gli alloggi ai requisiti energetici più avanzati o ai requisiti funzionali tipici della vita anziana.
Nella fase di attività laboratoriale, queste difficoltà sembrano diventare meno minacciose in quanto discusse ed affrontate in gruppo. Emergono proposte di servizi comuni, di migliorie condominiali. C’è in genere poca disponibilità a convivenze allargate e poca consapevolezza delle esigenze che possono emergere con l’avanzare dell’età, ma si sente la necessità di un’attività di accompagnamento (da parte di associazioni e istituzioni e della comunità), nella forma di una sorta di “kit” di supporto all'adeguamento abitativo.
PER GLI ATTI COMPLETI, PUBBLICATI, SI PREGA DI SCRIVERE A:
info@coabitare.org oppure casematte@casematte.it
E SI RICHIEDE UN CONTRIBUTO DI € 5.